Villaverde
E' un comune italiano di 354 abitanti della provincia di Oristano in Sardegna.
Villa Verde assume questa denominazione dal 1954, ma fu denominato prima Bànnari poi dal 1868 Bànnari d'Usellus (già Comune autonomo dal 1861 al 1927, poi venne aggregato ad Usellus.
Il nome Villa Verde racchiude in sé la caratteristica principale di questo piccolo paese, mentre ben più complessa è l’etimologia Bannari Usellus: forse si intendeva ricordare la presenza di antichi stabilimenti balneari (balnea da cui poi bannari), utilizzati dai cittadini romani della vicina colonia romana di Uselis.
Il Territorio
Il centro abitato si trova a circa 200 m s.l.m.; il suo territorio occupa 17,34 km² del versante nord orientale del Monte Arci.
Il territorio è prevalentemente collinare, caratterizzato da una zona alta di formazione vulcanica (con altitudine massima a 641 m s.l.m. a Punta Laccu sa Vitella), una parte bassa di formazione sedimentaria (con quota minima a 167 m s.l.m. nella valle del rio Croxiurussu) separate da un altipiano basaltico di alcune centinaia di ettari. I corsi d'acqua sono a carattere torrentizio e a regime stagionale; i più significativi sono il rio Bau Majori ed il rio Bingia Cresia, che unendosi nei pressi del centro abitato formano il rio Croxiugrussu. Sono molto numerose le sorgenti; le più copiose sono quelle di Mitza Margiani, di Santu Mauru e di Gergui. Le zone più alte sono coperte da boschi di lecci e sughere (Quercus suber), impianti di conifere e macchia mediterranea evoluta; le zone basse sono caratterizzate da pascoli e seminativo alberato. La flora e la fauna sono quelle caratteristiche dell'area del monte Arci, dove di recente sono stati reintrodotti cervi e daini, che erano scomparsi, mentre tra gli uccelli nidificano in quest'area il falco pellegrino, lo sparviero, l'astore, il gheppio ed il falco grillaio. A dominare è la macchia mediterranea, con prevalenza di erica, mirto, lentisco, viburno e cisto.
La storia di Villa Verde è legata a quella di tutto il Monte Arci e quindi alla presenza dell'ossidiana. Sono numerose infatti le stazioni litiche e le officine di lavorazione, che attestano la presenza umana sin dai tempi antichi.
Economia L'economia è prevalentemente agro-pastorale. Negli ultimi anni sta crescendo l'offerta turistica, grazie alla riscoperta del territorio e delle sue bellezze naturali e archeologiche.
Monumenti
Le Chiese
La chiesa parrocchiale di Villa Verde è dedicata alla Vergine Assunta.
La dedica alla Madonna, con il titolo di Santa Maria, mentre ora vi è quello dell’Assunta, compare citata in un documento relativo alle rendite pontificie sin dal 1341. La sistemazione attuale della chiesa dell’Assunta, con una navata centrale e due navatelle laterali, risale al Dopoguerra. Tra i “tesori” custoditi al suo interno ricordiamo uno splendido calice sbalzato e cesellato risalente alla fine del Quattrocento o agli inizi del Cinquecento, una statua lignea raffigurante San Mauro del XVII secolo e la campana con iscrizione che riporta la sua realizzazione al 1722.
Da ricordare anche la chiesa campestre di San Mauro dove il 22 settembre si svolge ogni anno la festa dedicata al santo.
Per quanto riguarda il centro storico, anche a Villa Verde, già da diverso tempo, si stanno portando avanti azioni volte al recupero e alla tutela del patrimonio architettonico rurale che hanno permesso ad alcune abitazioni di conservare i tratti caratteristici della tipica architettura locale.
Archeologia
I numerosi ritrovamenti archeologici, soprattutto di edifici megalitici sparsi nei dintorni del paese, tra cui l’attestazione di ben dieci nuraghi, alcuni dei quali complessi, testimoniano l’esistenza anche in questa zona di una civiltà remota che ha lasciato interessanti vestigia: tra i nuraghi ricordiamo Nuraxi Mannu, Santu Mauru, Bruncu s’Enna, Roaris, Trutturis, Is cortilas, Punta de su Giganti, Crabus e Bruncu Ladu. Sull’altopiano vi sono anche i resti di un pozzo sacro che delimitano i muri di Mitza su Putzu. Insieme a questi monumenti sono stati rinvenuti anche un cospicuo numero di oggetti litici e fittili. Riveste particolare rilevanza, invece, il villaggio nuragico di Brunku ‘e S’omu, che si sviluppa all’interno del bosco di Mitza Margiani. In tempi recenti questo villaggio è stato oggetto di scavi archeologici che hanno messo in evidenza ben dodici ambienti, alcuni dei quali di particolare interesse. L’intera area archeologica di Brunku e S’Omu presenta dei percorsi e una serie di itinerari archeologici e naturalisti che hanno permesso di valorizzare l’intero territorio anche a fini turistico-culturali. Notevoli anche le presenze di epoca romana, soprattutto per la vicinanza con Usellus.
Enogastronomia
Grano, vino ed olio sono i tre prodotti-simbolo di Villa Verde che qui hanno trovato delle particolari condizioni ambientali e climatiche che hanno garantito, e tuttora garantiscono, un’ottima qualità delle produzioni. A Villa Verde è presente, tra le altre cose, un’azienda che produce un buon olio extravergine di oliva biologico certificato con il marchio Verde Oliva. L’olio prodotto è ottenuto da uliveti presenti esclusivamente nel territorio circostante, e che si distinguono per essere prevalentemente di qualità bosana dal gusto intenso e piccante e di qualità tonda di Cagliari, più profumata e fragrante.
I prodotti genuini della terra, dal grano alle produzioni orticole, sono alla base della tradizione gastronomia di Villa Verde: il pane e la pasta tradizionale (malloreddus, fregua), insieme a piatti a base di legumi e verdure. Agnello, capretto e maialetto arrosto sono tra i piatti di carne più comuni che si accompagnano ai sott’olio di verdure locali. Dolci a base di pasta di mandorle completano il quadro gastronomico.
Usellus
Particolarmente suggestivo e denso di scenari caratteristici, Usellus, custodisce un immenso patrimonio naturale e storico-archeologico. Situato nella parte centro occidentale della Sardegna è un paese di poco meno 1000 abitanti della provincia di Oristano, dal cui capoluogo dista 34 Km, il suo territorio ha un'estensione complessiva di 3510 ha, di cui 287 destinati al Parco Naturale Regionale del Monte Arci. Fa parte del comune di Usellus anche la frazione di Escovedu.
Il Territorio
Situato nella parte centro occidentale della Sardegna è un paese di poco meno 1000 abitanti della provincia di Oristano, dal cui capoluogo dista 34 Km, il suo territorio ha un'estensione complessiva di 3510 ha, di cui 287 destinati al Parco Naturale Regionale del Monte Arci. Fa parte del comune di Usellus anche la frazione di Escovedu. Capoluogo dell'antica curatoria di Parte Usellus del Giudicato d'Arborea, il territorio conserva tracce del passato che raccontano di popoli antichi insediati in queste terre già dal neolitico, proseguendo in un iter che ha visto vincitori e vinti fondere le proprie culture, condividendo ora i luoghi più impervi, ora gli spazi più aperti. Ponti e strade romane, per brevi tratti ancora inalterati, segnano il passaggio di genti e culture nel trascorrere incessante del tempo. Il territorio, in parte pianeggiante in parte collinare e montano, che da un lato guarda il Monte Arci e dall'altro la Giara di Gesturi, ha goduto in passato di una posizione propizia sia dal punto di vista militare che da quello economico. Ma è il fattore naturale il vero protagonista della forte antropizzazione. La peculiarità e la vastità dell'ambiente, che si estende fin sul Monte Arci, con l'altopiano di S. Lucia, le favorevoli condizioni climatiche e le ubertose terre, consentirono lo stanziamento in quest'area. Dalla preistoria alla storia, fino ai nostri giorni, Usellus conserva testimonianze importanti della sua felice, anche se travagliata, esistenza.
Monumenti
Le Chiese
L’importanza artistica, soprattutto per quanto concerne gli edifici religiosi, si lega al fatto che Usellus fu, in passato, sede vescovile: la prima attestazione risale al terzo decennio del XII secolo.
La chiesa romanica di S. Reparata
che si trova sul sito dell’antica città romana fu, con ogni probabilità, la sede della diocesi: nonostante i rifacimenti successivi, la chiesa ha mantenuto qualche traccia dell’impianto romanico a tre navate e con abside orientato ad oriente; nella facciata si osserva un piccolo campanile a vela affiancato da quattro merli. Attorno al recinto della chiesa vi sono le cosiddette “cumbesias” dove un tempo si svolgeva, nei giorni di festa dedicati alla Santa, un ricco mercato.
La chiesa di San Bartolomeo
La chiesa parrocchiale è, invece, consacrata a San Bartolomeo apostolo di cui compare il nome nell’iscrizione latina incisa sull’architrave del portale. Strutturalmente presenta un’unica navata con volta a botte sorretta da arconi a tutto sesto con una ricca decorazione su pietra che ne caratterizza l’aspetto.
La chiesa di Santa Lucia
Sull’altopiano omonimo, sorge la chiesa campestre di S. Lucia che presenta alcuni elementi architettonici tardo-romanici.
La chiesa di Sant' Antonio da padova
Nella frazione di Escovedu, la chiesa parrocchiale è dedicata a S. Antonio da Padova e si caratterizza per la presenza di un piccolo campanile a vela.
Archeologia
Usellus, piccolo centro collinare, ebbe il privilegio di ospitare le diverse fasi non solo della cultura indigena, ma anche momenti caratteristici delle culture allogene che hanno scandito le tappe della sua evoluzione storica senza soluzione di continuità. Nell'ambito di questa straordinaria evoluzione, le prove più consistenti provengono dalla civiltà romana nella quale la comunità di Usellus assurse il rango di colonia civium romanorun col titolo di Colonia Julia Augusta Uselis. Testimonianze di questa straordinaria epoca, sono ancora oggi costituite da insediamenti e monumenti facilmente reperibili in varie zone della campagna e del centro abitato di Usellus. Tra questi spicca il ponte romano edificato in località ''Su Forraxi'' ancora ben conservato, il frammento di epigrafe latina utilizzata come pietra di riporto nel muro di una vecchia abitazione privata, la grande mole di embrici arrecanti alcuni il relativo timbro di fabbricazione, la rete viaria ''via (lapidus) strata'' anch'essa ben conservata, la quale attesta la centralità di Uselis in epoca romana, in quanto punto di snodo nevralgico per gli altrui centri dell'entroterra perché collegata a sud con Aquae Napolitanae (Terme di Sardara), a nord con Forum Traiani (Fordongianus) e mediante una terza diramazione con Neapolis (S. Maria di Nabui presso Capo Frasca). L'aspetto più significativo risulta essere perà lo status giuridico di Colonia rivestito da Uselis in epoca romana, che rese gli Usellenses titolari degli stessi diritti politici e dei doveri pubblici dei Civium Romanorum dell'Urbe a cui furono giuridicamente parificati. I cittadini della Colonia Julia Augusta Uselis, in virtù di tale rango, potevano infatti esercitare il diritto di voto nei comizi elettivi, dovevano adempiere all'obbligo della leva militare, avevano la possibilità di rivestire cariche pubblico statali e quindi percorrere il cursus onorum; inoltre, la colonia veniva retta da un governo locale con l'elezione di propri magistrati. Più precisamente la presenza della colonia romana di Usellus viene menzionata già dal geografo Claudio Tolomeo che la chiama ''Uselis Civitas Colonia'' rappresentando Uselis una delle due uniche colonie ''civium romanorum'' esistenti nel territorio isolano assieme a Turris Lybissonis (attuale Porto Torres) sia pure quest'ultima ''colonia dedotta'' e non ''onoraria'' come probabilmente Uselis. Inoltre, il documento fondamentale che conferma per Uselis lo status di Colonia di cittadinanza romana è costituito dalla tavola bronzea di patronato ''Tabula Patronatus'' del 158 d.C. che fu pubblicata nel Corpus In_Scriptionum Latinarum, X, N.7845 (dove T. Mommsem illustra brevemente Uselis), la quale recita: '' Sotto il consolato di Sesto Sulpicio Tertullo e di Quinto Tineio Sacerdote, il primo settembre, la colonia Giulia Augusta, Usellus, strinse un patto di ospitalità con Marco Aristio Balbinio Atiniano e lo elesse come patrono per se, per i figli e per i loro discendentt Marco Aristio Balbino Atiniano (a sua volta) strinse un patto di ospitalità col popolo della Colonia Giulia Augusta, Usellus, e pose sotto la sua protezione e sotto la sua clientela i figli e i discendenti loro. Agirono come legati Lucio Fabrizio Fausto, duumviro quinquennale, Sesto Giunio Cassi ano, Calo Aspro Felice, Gaio Antistio l'Anziano, scriba''. Con la caduta dell'impero Romano di Occidente le città che furono centri militari, politici, amministrativi e giudiziari perdona queste funzioni avviandosi verso un'inesorabile decadenza e tra queste città anche Usellus. Nel III secolo la città di Uselis diventa sede vescovile conservando ancora oggi la contitolarità della Diocesi con la città di Terralba. La presenza della sede vescovile in Usellus è attestata fmo al XII secolo, (sede poi trasferita ad Ales), quando in un documento di stato redatto da Barisone, Giudice d'Arborea viene indicata per l'approvazione del documento la presenza di Mariano Zoraki de Terralba, Comitano Pais de Alae, nell' anno 1182. In altri sette documenti riportati, Dominus Comitanus Pais è sempre indicato come Episcopus Usellensis, (Piscobu d'Usellos). Non avverrà mai che nella lingua della Chiesa e nei suoi dacumenti ufficiali in latino il Vescovo della nostra diocesi non venga chiamato Episcopus Usellensis. Anche oggi il vescovo della nostra diocesi viene nominato con bolla papale e col titolo di Episcopus Usellensis et Terralbensis.
Enogastronomia
Come in tutti i centri dell’interno della Sardegna, una gran importanza è assunta dalla panificazione, con tutte le varianti che l’arte contadina ha tramandato sino ai giorni nostri. Per quanto concerne i primi piatti, la cucina di Usellus propone malloreddus, crucurgionis, fregua e tanti piatti che possiamo definire “unici” come su succu ‘e faa (le favette sia fresche che secche, bollite con l’aglio novello), sa zuppa de civraxiu e is sitzicorrus (lumache cucinate e condite con il sugo). Senza dimenticare i dolci: zippuasa, padruasa, gueffus, biancheddus e gattò.
Sini
Sini (OR) è un piccolo comune della Sardegna centro–meridionale di circa cinquecentotrenta abitanti, situato al confine tra le Province del Medio Campidano e di Oristano.
Inserito tra le sinuose curve della Marmilla, ai piedi dell'altopiano della Giara di Gesturi, il piccolo paese di Sini offre splendidi scorci paesaggistici che spaziano sulle verdi colline conquistate da mandorli, vigneti, ulivi secolari e campi coltivati a cereali. Il toponimo deriva da "Sinu", divenuto in seguito "Sini", nome dell'insenatura dove sorge il paese.
Il Territorio
Il paesaggio è caratterizzato da un ambiente collinare morbido, dominato a settentrione dalla sagoma imponente della Giara.Le sue ridenti e verdi colline offrono un panorama suggestivo.
Di grande interesse il parco comunale di Cracchera, che nei periodi di piena è animato dalla casacata di Su Strumpu, ricca di acque piovane della Giara.
Nel Medioevo il paese faceva parte del giudicato di Arborea e successivamente, durante la dominazione aragonese, divenne un possedimento del barone di Tuili prima e del marchese di Laconi in un secondo momento. Nel 1859, sotto la dominazione sabauda, il paese fece parte del mandamento di Lunamatrona nella giurisdizione di Isili.
Solamente nel '900, precisamente nel 1923, Sini si rende autonomo. Durante il fascismo, dal 1928 e fino al 1946, Sini fu aggregata al comune limitrofo di Baressa.
Dal 1946 Sini gode di nuova autonomia e si dota delle scuole materne, elementari e medie.
Monumenti
Le Chiese
L'antica Chiesa di Santa Chiara era agli inizi del '600 una sala rettangolare con la facciata rivolta ad occidente. Il tetto era in canna sostenuto da travi, questi a sua volta erano sostenuti da tre archi lisci, a sesto acuti, posti per sostenere piuttosto che per esigenza artistica La prima campata della chiesa era occupata dal presbiterio e dal coro, le altre campate accoglievano i fedeli.
Nel 1680 vennero aperte due cappelle per lato, quella del Carmine, del Rosario quest'ultima recava una scritta "Rosa meda deilcada Con fortu a supeccadori 1629' Nel 1680 il tetto fu sostituito con tavole, nel 1886 contigua alla cappella fu costruita la cappella di San Francesco ed infine nel periodo della guerra un'ulteriore cappella contigua a quella del Rosario. In realtà tutti questi restauri non servirono granché, visto che si pensò di demolirla per costruirne una nuova negli anni '50. Dopo vari interventi che si sono succeduti nell'arco di diversi decenni, si è arrivati, alla fine degli anni '90, ad un progetto di restauro e recupero di alcune parti pregiate e ad una nuova edificazione che ha dato vita alla struttura dell'attuale chiesa. Santa Chiara viene celebrata il 11/12/13 Agosto, essendo la patrona del paese viene festeggiata con grande devozione anche se i maggiori festeggiamenti si svolgono in onore di San Giorgio. La chiesa dedicata a San Giorgio è situata su una collina a 100 mt dall'abitato, essa domina un meraviglioso panorama che abbraccia le alture della Trexenta, il monte Arci e i monti dell'Arburese. Non è noto il periodo della costruzione ma pare sia molto antica, l'edificio, infatti, è situato su un'area precristiana, ne sono testimonianza i resti di un nuraghe nelle vicinanze della chiesa.
All'interno essa è composta da quattro cappelle con due altari oltre quello maggiore, nella chiesa possiamo trovare, inoltre, una campana che risale al XVIII sec., mentre un'altra risalente al XVI sec. è fuori uso perché presenta un'irrimediabile fenditura.
Oggi la Chiesa di San Giorgio è in buono stato, grazie all'impegno di un Comitato che giovandosi esclusivamente delle offerte, provvede al mantenimento e al restauro della chiesa e dello spazio circostante.
Quella di San Giorgio è la festa più importante, i festeggiamenti di San Giorgio (22/23/24 Aprile) sono legati ad una vera e propria tradizione secolare. Una parte delle offerte che il Comitato raccoglie ogni anno, sono il ricavato della vendita di un dolce: il "Pane'e saba".
Archeologia
Il territorio è costellato di nuraghi e tombe, mentre ceramiche e monete hanno consentito di risalire alle antiche origini di Sini in epoca romana.
Sicuramente i primi insediamenti sono antichissimi visto i resti di alcuni nuraghi presenti nelle campagne di Sini, Nuraxi Sedda, Nuraxi Pedrosu, Nuraxi Bucca Scala, Nuraxi Scab'i Ois, Domus de Frandaios, Siorus, Nuraxeu ecc.
La presenza di insediamenti dei Fenici nel VIII sec. a.C. e la successiva occupazione dei Cartaginesi nel VI sec. a.C., fu limitata soprattutto alle zone costiere e di pianura e non provocarono sostanziali mutamenti nelle strutture economiche e culturali del nostro territorio.
Sopra e sotto l'altopiano della Giara affiorano comunque testimonianze archeologiche di villaggi sardo-punici.
Significative modificazioni si ebbero, invece, quando la Sardegna fu conquistata dai Romani, come dimostrano alcune tracce rinvenute nelle campagne sinesi, tombe, ceramiche e monete sono emerse a Sa Gora 'e s'Acqua Sabia, un abitato si trova a Nuratò, una necropoli nel paese in Pratza Costanti.
Enogastronomia
Sini possiede una vera e propria ricchezza naturale:l’Ulivo.In tutto il territorio del paese si possono ammirare ulivi secolaricondimensionieccezionali,infatti,nellazona sud del paesedetta“Su cungiau de is olias” troviamo il più grande esemplare della provincia di Oristano e probabilmente di tutta la Sardegna,censito recentemente dallaRegione. L’origine di questa pianta risale al dominio della Repubblica di Pisa nel 1121. Da alcune ricerche risulta che in quel periodo i Pisani svilupparono notevolmente l'olivicoltura non soltanto nel territorio di Sini ma in tutta la zona, esportando gran parte dell'olio prodotto fuori dall'isola.
Era, inoltre, consuetudine da parte dei Pisani concedere agli abitanti del luogo la possibilità di innestare gli olivastri e diventare proprietario della pianta, ma a loro volta dovevano versare la metà dell'olio prodotto.
Questa particolarità viene mantenuta successivamente anche dagli Spagnoli e tramandata sino ad oggi.
Ogni angolo di paese racconta questa ricchezza,vecchi torchi, macine ci raccontano l’importanza che può avere avuto l’olio in passato, ma che è presente tuttora, le campagne del paese sono ricche di viali d’ulivo. Attualmente in paese c’è un piccolo frantoio a gestione familiare che riesce a soddisfare la produzione del paese e del circondario.
Sempre in tema di prodotti tipici, bisogna ricordare una interessante manifestazione dedicata ad un prodotto tipico, la Sagra "de su Pani Saba" (pan di sapa). E' una sagra storica organizzata tutti gli anni nel Comune di Sini.
L'evento, organizzato dal Comune e dalla Pro Loco, ogni anno può contare sulla partecipazione di circa 3.000 persone tra residenti e visitatori che accorrono dai paesi limitrofi e si svolge interamente per le strade del paese, pedonalizzate per l'occasione. L'evento è solitamente preceduto da 3 giorni di festa in onore di San Giorgio Martire e rappresenta la celebrazione del Pani Saba, dolce votivo creato per il Santo.
La sapa è uno sciroppo molto dolce e dal gusto forte ed aromatico, ottenuto dalla lunga bollitura del mosto d’uva o di fichi d’india, con l’aggiunta di scorza d’arancia essicata, cannella, fiori o semi di finocchietto selvatico e chiodi di garofano.
Senis
Inserito nell'antica Curatoria di Parte Valenza del Giudicato d'Arborea, Senis è oggi un piccolo paese della provincia di Oristano popolato da poco più di mezzo migliaio di abitanti. Situato in un leggero declivio verso mezzogiorno, a 230 m s.l.m., si estende su una superficie di circa 16 Kmq.
Il suo territorio, generalmente dalle linee dolci e semplici, racchiude in se gradite sorprese al visitatore. Dominato da una parte dal colle tabulare di Giuerri e, dall'altra, dal colle di Santa Vittoria, l'abitato di Senis si è sviluppato, nel corso del tempo, in maniera raggiante, tanto che oggi la conformazione del tessuto edilizio urbano appare circolare.
Il Territorio
Pascoli, coltivi, macchie arbustive e piccoli nuclei di sugherete, si alternano fra di loro conferendo al territorio un gradevole aspetto paesaggistico, esaltato dalle anse fluviali del Flumini Imbessu che attraversa l'agro di Senis da sud verso ovest, per poi virare bruscamente, a nord, verso Asuni. I segni del passato emergono spesso ridotti in ruderi ma, in ogni caso, carichi di un altissimo significato storico-archeologico.
La Storia
Spesso l'incomprensibilità di tali tracce lascia adito a suggestioni che, non di rado, sfociano in misteriose leggende come quella che vorrebbe il nuraghe Senis Mannu collegato con quello di Santa Lucia, tramite un paesaggio sotterraneo lungo due chilometri.
Fu nella Curatoria di Parte Valenza e Brabaxiana, appartenente all'antico Giudicato d'Arborea, che si rese necessario costruire il castello fortezza in località "Su Casteddu", eretto sul colle di Funtana Menta, a 291 m di quota, vero e proprio balcone naturale sulla vallata del Flumini Imbessu.
Esso svolse, sicuramente, una funzione difensiva dei confini degli stati giudicali ma, la mancanza di dati certi e il dibattito ancora aperto sull'esatta datazione del castello di Funtana Menta, non consentono oggi di fornire notizie sicure al riguardo.
Si sa, comunque, che si tratta di un edificio militare fra i più antichi della Sardegna e che fu edificato in un periodo particolare, caratterizzato da guerre fraticide tra un giudicato e l'altro.
Scelta come residenza baronale, Senis custodisce il ricordo di vicende legate a personaggi e ad ambienti della nobiltà feudale che dominarono l'omonima Baronia.
Un complesso intreccio di fatti e figure interessò il paese per secoli fino al riscatto del feudo da parte dei Savoia, dopo la morte dell'ultimo barone nel 1835.
Monumenti
I monumenti e Le Chiese
Di notevole rilevanza il Palazzo baronale, risalente al 1662, oggi completamente restaurato, comprendente la Casa padronale, le stalle, le carceri, una gran torre e il tancato "Is Nueddas", originariamente il giardino del palazzo, in cui, sul lato destro del Rio Imbessu, si trova la famosa fontana spagnola, costruita intorno al 1600, scolpita in trachiti di vario colore, in cui, quasi intatte, si conservano le figure di due cigni, in bassorilievo, il mascherone ed altri disegni ornamentali. Più di ogni altra cosa Senis vanta la Fontana Spagnola, esempio artistico scultoreo ed architettonico assieme, unico nel suo genere.
La fontana, scenograficamente realizzata lungo la sponda sinistra del Flumini Imbessu, nella località presso Bau Nou, fu realizzata su pietra trachitica rossa, attorno al 1600 per mano di Francesco Giuseppe e Gianpietro Lampis, abili scalpellini di Laconi. Originariamente la fontana era inserita nell'ampio parco del palazzo baronale. Nella parte centrale è rappresentato un maestoso mascherone dalle cui fauci sgorgava l'acqua; lo cingono lateralmente due cigni.
Di notevole importanza sono le iscrizioni presenti: la prima in lingua spagnola, di facile lettura, incisa su pietra vulcanica, rivela il nome del proprietario della fonte, Ferdinando Masones-Nin; la seconda incisione si trova sopra il mascherone su pietra calcarea verde e riporta i nomi degli autori della fontana.
Il ninfeo è da mettere in relazione con un ampio progetto che prevedeva la costruzione di una villa a tre piani mai realizzata.
Chiesa Parrocchiale di San Giovanni
Da visitare la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni, risalente al XVI secolo, che conserva alcune sculture quali l'altare del Rosario e la base dell'altare maggiore, risalente al 1608 che originariamente era la pila dell'acquasantiera. Alla sua base è scolpito lo stemma dei Masone, duchi di Sottomajor. Nei dintorni di Senis si trova anche la piccola chiesetta campestre di Santa Lucia costruita ne XIII secolo con materiali provenienti probabilmente da un tempio romano ubicato nelle vicinanze. Presso la chiesa andata ina rovina e riscostruita nel 1922, si trovano le tracce evidenti della dominazione romana, con una lapide mortuaria inserita nei muri della chiesa.
Archeologia
Il territorio, abitato fin dal periodo neolitico, è disseminato di tracce di insediamenti umani del periodo nuragico, cartaginese e romano.
Testimonianze di tali periodi sono "Is domus de Janas" del periodo neolitico; lo straordinario nuraghe di Senismannu ed il sito di Santa Vittoria, dove recenti scavi hanno riportato alla luce una pietra sacrificale; da citare anche il castello "Funtana Menta", nella zona di "Su casteddu", di cui oggi non rimangono altro che ruderi.
Bidda'e Perda, il "paese di pietra", un altopiano roccioso che termina a precipizio sulla vallata del Flumini Imbessu, è una località che deve il suo inconsueto nome a numerosi edifici megalitici, ora ridotti in tracce, ora visibili in piccole porzioni perfettamente conservate. Il rinvenimento di alcuni menhir, o pietre fitte, di stile antropomorfo, e di rare statue-stele istoriate da arcaici bassorilievi, evidenzia la correlazione e la continuità del territorio di Senis con quello di Asuni e del Sarcidano di Laconi, ricco delle suddette testimonianze archeologiche.
Enogastronomia
I prodotti dell'allevamento ovino e bovino sono rappresentati dalle ottime carni, cucinate secondo semplici ricette, da ricotte e squisiti formaggi freschi e stagionati: il loro aroma ricorda i profumi dei pascoli delle campagne di Senis.
Nel passato, un mulino ad acqua posto presso le sponde del Flumini Imbessu, macinava il grano sotto pesanti ruote di basalto: da questa farina e da quella ottenuta dalle mole asinarie presso le case (alcune ancora perfettamente conservate), si preparava il pane "fatto in casa".
Da sempre rinomati sono l'uva ed i vini e l'olio extravergine Dai mandorleti, dai frutti dolci ed amari, proviene la materia prima per la preparazione di antichi dolci prelibati.
Pompu
Pompu è un comune di 282 abitanti situato nella provincia di Oristano, nella valle del Riu Laccus o Riu de Pompu, tra colline di marna tra cui spicca il rilievo del Monte Futtu.
La parola Pompu potrebbe derivare dal latino Pòmpa che significa corteo. In antichità, intorno ad un piccolo santuario dedicato a Santa Maria di Monserrato, si svolgevano manifestazioni religiose che attiravano molte persone provenienti da vicino e da lontano. In seguito, ai piedi del santuario, cominciò a formarsi un gruppo di case con una piccola popolazione; questi abitanti furono considerati i custodi della chiesa e preparatori dell'annuale Pompa. Essi furono chiamati Pompesi, ed il loro paese fu detto Pompu.
La storia
Nel Medioevo Pompu fece parte del Giudicato d'Arborea nella curatoria di Parte Montis. I primi riferimenti storici di Pompu risalgono all'anno 1576.
Nell'Ottocento il paese di Pompu aveva un'economia ricca e vivace, infatti aveva quattro mulini situati lungo il fiume "Riu de Pompu". In varie case di Pompu esistono ancora oggi macine per la lavorazione del grano. In una vecchia abitazione si trova anche un antico frantoio per la lavorazione delle olive, risalente ai primi anni dell'Ottocento.
Il Territorio
Il paese di Pompu è situato nella regione dell'alta Marmilla e il suo territorio e si estende per 5,08 kmq. Il suo territorio è collinare e confina con i comuni di Curcuris, Simala, Morgongiori, Siris e Masullas.
La zona presenta aspetti geologici di rilevante interesse con le rocce basali del vicino Monte Arci dove si ritrovano minerali quali agate, corniole e ametiste. Lungo la riva del fiume Laccus dominano imponenti roverelle, lecci e sughere. Il territorio fu abitato sin dalla preistoria, per le sue favorevoli condizioni climatiche, la vicinanza dei corsi d’acqua, la fertilità del suolo e la vicinanza al monte Arci, ricco di giacimenti di ossidiana.
Con il Neolitico questo territorio fu intensamente frequentato e le sue popolazioni si avvantaggiarono moltissimo della vicinanza dei ricchi giacimenti di ossidiana con cui i nostri progenitori fabbricavano armi per la caccia, punte di freccia e di giavellotto e lame, coltelli e raschiatoi.
Monumenti
Le Chiese
La chiesa parrocchiale, consacrata a San Sebastiano, è una moderna costruzione di cemento e blocchi di pietra bianca. Nella facciata si apre un portico nel quale è custodita un' antica fonte battesimale. L'interno è reso accogliente dai colori caldi del pavimento in cotto, della copertura in legno e della luce che filtra dalle vetrate colorate. In una cappella sulla sinistra vi è custodita la statua di Santa Maria, risalente al 1600 che raffigura la Madonna col bambino.
Sopra due mensole poste ai lati della chiesa ci sono le statue di San Sebastiano, piccolo e bello, e di San Giorgio a cavallo che combatte col drago; entrambe risalgono al 1700. Nel paese di Pompu esisteva un'altra chiesa, sempre dedicata a San Sebastiano. Essa venne costruita in pianura perché era troppo faticoso salire fino all'antica parrocchiale di Santa Maria sulla collina. Nel 1761 esisteva sicuramente, ma forse benedetta e non consacrata. Essa assunse gradatamente le funzioni di chiesa parrocchiale finché nel 1865 crollò dalle fondamenta. La statua del santo venne portata nella nicchia dell'altare maggiore di Santa Maria, detronizzando la santa. San Sebastiano divenne patrono di Pompu e addirittura "titolare" della parrocchia insieme a San Demetrio.
L’antica chiesa di Santa Maria di Monserrato, così la chiamano i vecchi registri della diocesi, esisteva quando ancora il paese non era nato.
Essa infatti è stata costruita nel 1500 circa e da allora l’8 settembre, per festeggiare la ricorrenza della santa, “tutti gli anni vi accorreva in processione un lungo corteo di popolo”. La chiesa di Santa Maria possiede un bel campanile a vela, mentre la scalinata in pietra per accedere alle campane non è più visibile dopo la ristrutturazione fatta negli anni '80
Archeologia
Una risorsa molto importante di questo paese sono gli scavi archeologici di “Prabanta”. Il sito è molto ampio e la forma polilobata del nuraghe rivela l'importanza che aveva in passato. In questo sito archeologico si possono trovare molte particolarità come il frantoio Murranca dell'Ottocento, i mulini in pietra, i portali con arco lavorato e l'antica chiesa di San Sebastiano.
Nel territorio di Pompu sono presenti due importanti aree archeologiche del periodo nuragico:
- Area archeologica di "Su Laccu e su Meli"
- Insediamento nuragico di Santu Miali
Tradizioni
Notevoli sono le celebrazioni in onore del santo patrono San Sebastiano. I preparativi per la festa vera e propria iniziano il 19 gennaio di ogni anno.
I giovani passano per le vie del paese chiedendo a tutti gli abitanti tronchi di legna per il grande falò del giorno successivo. Durante la notte si provvede all'accensione del grande fuoco e il 20 si porta la statua del Santo in processione, per poi benedire il grande falò nella piazza principale del paese. Il 25 aprile si festeggia il patrono dei contadini, San Giorgio. Il Santo viene portato in processione per le vie del paese accompagnato da trattori che per l'occasione vengono addobbati con tappeti, arazzi e bisacce. L'otto settembre viene celebrata la festa in onore di Santa Maria di Monserrato.
Il simulacro della Santa viene vestito col velo, la corona e diversi gioielli donati come ex voto dai fedeli
Nureci
l piccolo borgo di Nureci si trova sulle pendici del Monte Majore nel confine settentrionale della Marmilla. Il paese conta circa 360 abitanti.
Nureci, ultimo paese della provincia di Oristano, è racchiuso dai quattro paesi Genoni, Senis, Asuni e Laconi e la sua posizione strategica, al confine settentrionale della Marmilla, e il nome stesso, rivelano una possibile funzione del paese, in passato, di baluardo nei confronti delle invasioni barbaricine.
Nureci conserva la struttura tipica dei paesi contadini di fine Ottocento, caratterizzato da vie strette con case in pietra, provviste quasi sempre di un giardino interno e di grandi portali in legno. Nel centro abitato spiccano il palazzo baronale dei Touffani, numerosi edifici risalenti ai primi dell’ottocento con i tipici portali, architravi, balconi, vecchie case contadine e un vecchio tipico quartiere. Per rendere più caratteristico il paese, pochi anni fa, le strade del centro storico sono state ricostruite in ciottolato, contornandole di piazze e abbellendo il tutto con fontane e pregevoli murales.
Il Territorio
Al paesaggio tipico della Marmilla, con le ondulazioni e le vallecole marnose, si contrappone l’inconsueta mole granitica del monte Majore, con aspetti quasi “galluresi” fatti di spuntoni rocciosi e pareti verticali.
Proprio sopra il paese, sul ciglio dello strapiombo granitico, si trova il magnifico, e per alcuni versi misterioso, recinto megalitico di Corona ‘e Crogu, raggiungibile da un piccolo parco costruito all’uscita del paese, verso Asuni.
La possente cinta muraria fatta di enormi massi di granito, con all’interno strutture secondarie di massi di granito, con all’interno strutture secondarie di massipiù piccoli, dovrebbe risalire alla dominazione punica, anche se non si può escludere un’origine più antica.
Molto bello e suggestivo il paesaggio del versante della Giara, dominato dal Nuraghe Attori dove è presente un fitto bosco-macchia, con erica fillirea e corbezzolo; lo si percorre a fatica, seguendo le tracce dei cinghiali.
Monumenti
Le Chiese
Chiesa dedicata a Santa Barbara
Del secolo XVII, la Chiesa dedicata a Santa Barbara ha una struttura mononave a croce comissa con cappelle, che si affiancano al presbiterio rialzato rispetto alla navata.
Il suo prospetto è a capanna in conci squadrati di trachite di vario colore inoculato dal rosone anulare a cornice sagomata e dall'ampio portale rettangolare mediano.
Sul lato destro della chiesa si innalza la torre campanaria a pianta quadrata ed a coronamento cuspidato.
Chiesa della Madonna d’Itria
Fuori dal centro abitato troviamo la Chiesa della Madonna d’Itria.
La chiesa si trova dove un tempo sorgeva un paese ormai scomparso ed è stata restaurata nel 1930.
Archeologia
L'area di Nureci risulta abitata già a partire dal neolitico. Diversi sono i ritrovamenti di grande rilevanza a partire dalle industrie litiche di ossidiana e marna. In località "Murtas" è stata rinvenuta una struttura circolare che gli studiosi riconducono ad una probabile presenza di un recinto megalitico. Risalenti all'epoca nuragica sono censiti più di ventuno siti. Fra i nuraghi più importanti per tipologia costruttiva troviamo il nuraghe "Attori", al confine col territorio del comune di Genoni, il nuraghe "Giuerri Mannu", confinante con i territori di Senis e Assolo, e il nuraghe "Santa Barbara". Risalirebbero invece al periodo punico sia i resti murari di "Pranu Ollastu" che un forte situtato in località "Corona 'e su Crobu".
Il recinto megalitico denominato “Sa corona de su crobu” (Il macigno del corvo), si trova nel versante del Monte Mayore che si affaccia sulla fertile vallata del rio Pardu. Include un dirupo di rocce granitiche che sovrasta a Est anche il borgo di Nureci.
I visitatori possono visitare il Recinto Megalitico raggiungendo la località in auto percorrendo la stradina che sale dalla periferia dell’abitato e a piedi dal sentiero che si inerpica da un’antica fonte denominata Funtana e Susu.
I reperti archeologici nurecesi, risalgono a migliaia di anni fa. I ritrovamenti sono avvenuti nelle campagne nurecesi come "Nuraxi", "Perdonadas", "Pranomonte".
Tra i reperti più interessanti sono sicuramente i fossili ritrovati nel territorio comunale di Nureci.
Questi reperti sono esposti e visitabili presso il centro sociale (via Parrocchia) in attesa dell'apertura del museo archeologico (via Santa Barbara).
Nello stesso centro sociale è adibita la "Mostra permanente della Natura", una raccolta fotografica sulla flora e la fauna locale
Da segnalare, dato il suo particolare interesse, Il Centro di Interpretazione Paleontologico e del Paesaggio (CIPP), situato nel centro storico del Comune di Nureci, che accoglie la raccolta di fossili provenienti dal suo territorio.
Il patrimonio geologico – paleontologico del territorio comunale di Nureci, riveste, in virtù della sua importanza a livello scientifico e del suo interesse naturalistico culturale, un ruolo di primissimo piano nel contesto geologico regionale e nell’intero ambito del mediterraneo.
In particolare in località Genna Manna - Muru ‘ e Cubeddu, affiorano rocce sedimentarie di ambiente marino del Miocene, che documentano in modo esemplare gli eventi geologici e paleontologici che hanno interessato il Sarcidano e la Marmilla.
Le Tradizioni
Tra le tradizioni popolari più sentite e attese dagli abitanti di Nureci merita una menzione particolare l’accensione dei fuochi di San Sebastiano, una festività che si ripete ogni anno il 19 gennaio. Questa ricorrenza sin dai tempi più antichi aveva una funzione propiziatoria per un’annata di abbondanti raccolti.
Presso la Chiesa campestre della Madonna d’Itria, il martedì dopo la domenica di Pentecoste si svolge la festa religiosa omonima. Il lunedì la Madonna viene condotta in processione al santuario accompagnata da gruppi folkloristici festanti. Il martedì si svolgono festeggiamenti religiosi e civili che si concludono con il simulacro che viene riaccompagnato in processione nella chiesa parrocchiale di Nureci.
Un'altra festività molto sentita a Nureci è la festa di San Giacomo Apostolo e Sant'Anna che si tiene il 25 e 26 luglio.
Le altre feste religiose di una certa rilevanza di Nureci sono La festa di Santa Rita il 22 maggio e la festa di Santa Barbara protettrice dei minatori il 4 dicembre.
Enogastronomia
La Gastronomia di Nureci, fatta di piatti semplici e genuini, preparati con i prodotti tipici del territorio, si colloca nelle usanze culinarie tipiche dell’Alta Marmilla che conserva antichi sapori e una storia gastronomica che fonda le proprie radici nelle tradizioni e nella cultura agropastorale fatta di lavoro dell’uomo e di rispetto per l’ambiente.
Tra i piatti che i visitatori possono assaporare nel territorio di Nureci troviamo i ravioli tipici, i secondi di carne con il classico maialetto arrosto aromatizzato con le foglie del mirto, il pollo ripieno (sa pudda a prenu), i piedini di maiale in gelatina. Ricca la produzione di formaggi di pregevole gusto e con lavorazione artigianale e dolci tipici preparati con arte dalle donne del paese tra i quali possiamo trovare: gueffus, pani ‘e saba, gateau, biancheddus ecc. La preparazione del gateau, dolce tipico della zona, merita una menzione speciale perché rappresenta una vera e propria arte culinaria che trova la sua massima espressione per i matrimoni dove le donne riescono a dar vita a splendide figure.